Attacchi di panico e separazione
Gli attacchi di panico sono degli stati ansiosi caratterizzati da un’attivazione corporea e la paura concomitante di morire.
Il battito accelera, il respira si fa corto, si inizia a sentire molto caldo, a sudare, la testa gira, si ha la sensazione di svenire. Si può sperimentare un senso di irrealtà. Altri sintomi correlati possono essere la nausea, il vomito, dolori varii, formicolii. La persona colpita da attacco di panico le prime volte pensa che sta per arrivare un infarto o un collasso.
Tutti questi sintomi che colpiscono il corpo fanno pensare a qualcosa di organico e non psicologico. Anche perché l’attacco di panico arriva all’improvviso e spesso non sembra correlato a una situazione momentanea. La persona che sperimenta tutto questo ha paura di morire, pensa che si sentirà male da un momento all’altro.
Quando l’attacco di panico finisce, in realtà la situazione non è risolta. Al contrario.
Accertato che non è un problema organico, il soggetto colpito dal panico spesso entra in un vortice di paure e ansie che fanno sì che inizi a vivere con la paura che l’attacco di panico possa tornare.
Allora vengono messe in atto tutte delle strategie di evitamento delle situazioni che si ritengono poter scatenare il panico e soprattutto si cerca di evitare il luogo o la situazione in cui si è verificato il prima attacco di panico.
Purtroppo queste strategie di evitamento non sortiscono alcun effetto sugli attacchi di panico che si possono ripresentare anche con una certa frequenza nelle situazioni più diverse, cosa che può limitare molto la vita di tutti i giorni e rendere difficili anche fare le cose più piccole e quotidiane.
Guidare, andare a fare la spesa, andare a lavorare, occuparsi dei propri figli. Tutto può diventare molto faticoso.
Di fronte a un sintomo così violento e invalidante, si è portati a chiedersi: come mai? Cosa scatena gli attacchi di panico?
Non si può fare un elenco di situazioni potenzialmente “da panico”, sarebbe una sterile e inutile ricerca. In realtà non ci sono situazioni tipiche in cui si scatenano gli attacchi. Per certi soggetti può essere faticoso entrare in un negozio, andare al cinema o prendere la metropolitana. Non è la caratteristica del luogo o della situazione che genera il panico.
Piuttosto c’è qualcosa nel soggetto che sperimenta il panico che va affrontato più nel profondo. Non si deve lavorare tanto sui luoghi o le situazioni in cui si è scatenato l’attacco di panico quanto piuttosto sul soggetto che vive questo sintomo così tanto invalidante.
Intanto perché gli attacchi di panico?
Gli attacchi di panico sono dei sintomi molto importanti a cui prestare ascolto e che segnalano un malessere più profondo. Insorgono soprattutto a seguito di separazioni: un lutto, la fine di una relazione importante, la perdita di un’amicizia, un licenziamento. Sono tutti nomi della separazione.
Il panico come risposta alla separazione, dice di una difficoltà ad avere a che fare con una perdita che fa soffrire il soggetto.
Ma questo vale anche quando l’attacco di panico insorge in concomitanza di momenti felici e in cui non sembra esserci qualcosa legato a una perdita?
In realtà sì perché se si va a vedere più nel profondo, anche certi eventi di vita classicamente felici, comportano un certo tipo di separazione.
Si può infatti vedere l’insorgenza del panico in concomitanza di una promozione a lavoro, il matrimonio, l’arrivo di un figlio, un trasferimento. Cioè tutte situazioni di per sé non traumatiche ma che comportano un altro tipo di separazione, una separazione da una parte di sé.
Ad esempio il matrimonio o l’arrivo del figlio, comporta separarsi da una parte di sé più legata alla propria famiglia di origine e implica un salto, una differenza, l’ingresso in una vita nuova e con nuove responsabilità.
Tutto questo può generare il panico che diventa ancora più enigmatico perché insorge in un momento della vita felice e generativo.
Gli attacchi di panico rischiano di rovinare momenti di vita legati alla crescita, e possono bloccare una certa evoluzione del soggetto che si ritrova come dentro a una rete, bloccato dalle sue stesse paure.
Come funziona una terapia psicoanalitica sugli attacchi di panico?
Intanto non lavorando sulla situazione o sul luogo in cui si è scatenato l’attacco di panico ma facendo lavorare il soggetto su di sé, le sue questioni, la sua storia. Il punto non è “allenare” ciascuno ad accostarsi alle situazioni tanto temute né tantomeno usare tecniche di rilassamento. Questa tipologia di lavoro fornisce una sorta di sollievo momentaneo ma anche temporaneo.
Solo un lavoro sul soggetto in profondità che permette di associare l’insorgenza del panico a qualcosa di più profondo che proviene dall’inconscio, permette una reale risoluzione del panico.
Gli attacchi di panico allora assumono un nuovo significato, sono degli enigmi da interrogare e su cui far lavorare chi li sperimenta tenendo conto di questa sorta di filo rosso e cioè che gli attacchi di panico hanno a che fare con una separazione da qualcuno o qualcosa o da una parte di sé che il soggetto fa fatica ad elaborare.